Il viaggio
Nel 2014 la Confraternita Vini Asolo Montello ha scelto S. Michele all’Adige e Laimburg come meta di una visita di carattere prettamente tecnico.
Resoconto del viaggio
Approvata dal Capitolo nella riunione del 4 luglio 2014 su proposta del Confratello Consalter Agostino è stata organizzata per venerdì 24 ottobre la trasferta nelle provincie autonome di Trento e Bolzano. Lo scopo: effettuare una visita tecnica nei laboratori di vitivinicoltura di S. Michele all’Adige e di Laimburg, caposaldi nella ricerca e innovazione del settore vitivinicolo.
Partenza alle otto da Montebelluna – solito pullman guidato dalla nostra vecchia conoscenza “francese” – con i Confratelli Alba, Consalter, Martignago, Pellizzari, Pozzobon comm. Rosalio, Sartor, Velo, Zaffaina capitanati dal Gran Maestro Dalla Rosa e attorniati da amici e parenti.
Benvenuto di rito da parte del Gran Maestro che, ringraziando il Confratello Alba per l’organizzazione dell’escursione, si soffermava sul significato e sul valore di questa nuova esperienza decisa dalla Confraternita che, come da consuetudine, una volta all’anno si accolla gli oneri di un viaggio. Il Confratello Consalter anticipava i grandi temi che sarebbero stati presentati nel corso della giornata sottolineando come le strutture di San Michele all’Adige e di Laimburg siano all’avanguardia quali scuole di ricerca e applicazione nel settore agricolo.
Un vento impetuoso da nord-est si era incaricato di rendere luminosa la giornata e maliziosamente, con i suoi refoli, sollevava i manti scuri dei Confratelli, nel tentativo di sollevare i cappelli e di distruggerne le preziose piume. L’arrivo puntuale alle dieci e trenta alla Fondazione Edmund Mach a San Michele all’Adige, accolti da un intenso profumo di mosto e dal benvenuto del dott. Nicolini, direttore del settore enologico e, dal 1987, responsabile della Cantina Sperimentale di Microvinificazione di cui coordina l’attività di ricerca e sperimentazione, nonché autore di oltre 200 tra articoli scientifici, tecnici e divulgativi e di altrettanti interventi in convegni e workshop.
Seduti nella ampia sala di degustazione con volta a botte, perfettamente bianca ma ornata da una parete con pietra a vista ingentilita da una immagine con motivo religioso in gesso bianco, il nostro “anfitrione” intratteneva i presenti illustrando sia l’attività della fondazione sia presentando i vari vini.
La Fondazione Mach, che ha raccolto la storia dell’istituto di agraria, è sorta nel lontano 1874 sotto l’egida dell’impero austro-ungherese, e pur nella sua longevità ha saputo combinare la tradizione e l’innovazione: attualmente nessuna istituzione nazionale può essere paragonata ad essa e la sua attuale “mission” riguarda sia l’insegnamento che la ricerca e la sperimentazione, nel controllo completo di tutta la filiera.
Il dott. Nicolini ricorda con fierezza che i finanziamenti del territorio (il 2% del PIL provinciale viene destinato alla ricerca dell’Istituto contro una media nazionale dello 0,8%) hanno consentito, soprattutto negli anni sessanta, una serie congrua di investimenti i cui risultati sono evidenti e premianti.
Nella presentazione del TRENTO DOC (13 gradi – produzione 7-8 milioni di bottiglie all’anno, spumante a metodo classico, combinato con uve chardonnay e una piccola percentuale di pinot nero) sottolinea i dati rilevanti relativi all’export (€ 5 miliardi) che risulta in crescita senza risentire – almeno per il momento – della crisi. “E’ un prodotto risultato da tanta storia, cultura e tecnologia, passione ed amore. Coltivate le vigne sui 700 metri vicino a Trento ed altre in zona Valsugana a quota 500 metri, spumantizzazione con il metodo classico charmant, giovato negli ultimi anni da uno studio dei suoli, dell’esposizione, dell’altimetria con un’attenta analisi dei risultati e ulteriori indicazioni precise dove e come piantare le “barbatelle”, il risultato finale è un premio 3 bicchieri. La presentazione del vino offre un perlage fino, con note di freschezza vellutata di evoluzione e di conservazione, con presenza di legno molto lontana e leggera, sapidità vivace che permane nel gusto e in bocca risulta molto piacevole con struttura piuttosto significativa che lo fa apprezzare senza lasciare sensazioni amare e ricordando leggere tracce di vaniglia”.
L’ingresso del dott. Fenzi – Direttore Generale dell’Ente – concede ai presenti di assaporare e centellinare il primo assaggio mentre le parole di benvenuto volteggiano nella sala: “Siamo lieti di ospitarvi e di presentarvi i vini conosciuti nel mondo …siamo sempre impegnati a migliorare il nostro know how ma le prospettive sono molto lusinghiere…”.
Il dott. Nicolini riprende la parola presentando il “NOSIOLA 2013” proveniente da un’area molto delimitata è un vitigno coltivato particolarmente nella zona di Toblino e della Valle dei Laghi, dove si ritiene sia autoctono, su terrazzi chiamati “frate‘”, e di Lavis, in provincia di Trento. È il vitigno impiegato anche nella produzione del Vino Santo Trentino o Trentino Vin Santo, facendo appassire uva Nosiola su graticci di canne.
Caratteristiche del vitigno: a foglia medio-piccola, grappolo medio, cilindrico allungato, alato, compatto – acino medio, sferoidale, la buccia è pruinosa, sottile, consistente, di colore giallo verdastro. Maturazione: medio-tardiva. Vigoria: media.
Caratteristiche del vino: vino bianco, chiaro, gradevole, profumato, con una punta di amarognolo, un poco sapido, poco acido. Di facile e gradevole bevuta, anche sfuso.
Il vino successivo un “MULLER THURGAU 2013” trova la sua felice collocazione territoriale nelle zone collinari, necessita di irrigazione e viene facilmente coltivato in Val di Cembra, versante sud a quota 800 metri; è un vitigno che ha bisogno di altitudine per ottimizzare il profumo. Caratteristiche: componente fruttata, gradazione sui 12,5° ricorda vagamente il sauvignon ma il sapore che rimane nel palato ricorda la fragola; il colore: dal bianco carta al giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini, brillante con profumo caratteristico delicato e gradevole e sapore: secco, amabile, sapido, fresco, acidulo con leggero retrogusto amarognolo.
L’ultimo assaggio con un “TEROLDEGO 2013” proveniente dalla piana rotaliana …” si beve giovane, si beve invecchiato” …plastico e bilanciato nelle sue componenti, la nota principale è il colore; presenta un tannino molto alto; ha una stabilità del colore che con l’invecchiamento non cambia, vitigno generoso “cosa che non guasta” vino con una gradazione 12,5°. Il Teroldego tipico non ha una grandissima struttura mentre quello della Val di Non è il migliore perché più strutturato.
La conseguente visita alla cantina ha consentito di ammirare botti dagli intarsi prestigiosi, una meraviglia di artigianalità. Di estremo interesse la visita nei laboratori accompagnati dal dott. Roberto Larcher. Il suo profilo professionale presenta le seguenti caratteristiche: si è occupato della messa a punto e validazione di metodiche strumentali, in particolare di cromatografia liquida e di tipo spettroscopico, applicate alla caratterizzazione compositiva di alimenti e bevande. Ha svolto ricerche e sperimentazioni nel settore enologico, con particolare attenzione alla composizione ed evoluzione dei composti azotati semplici, ai profili microelementari e degli anioni finalizzati alla tracciabilità dell’origine dei prodotti agrari, alla caratterizzazione dei prodotti enologici e incidenza dei coadiuvanti, agli off-flavours e composti fenolici del vino. E’ docente a contratto dal 1998 di corsi inerenti il controllo qualità dei prodotti enologici del diploma e corso di laurea in Enologia e Viticoltura presso l’Università di Trento. E’ autore di circa 200 lavori scientifici di cui oltre 30 con IF ed è stato relatore/correlatore/tutor di oltre 30 lavori sperimentali, tra tesi di laurea e di specializzazione, e dottorati di ricerca.
Dopo una mattinata così intensa il giusto momento di pausa presso il Ristorante da “Silvio” per uno spuntino saggiamente parco per poi riprendere i “lavori”, in un pomeriggio luminoso, a Laimburg. Il primo impatto è stato un po’ impressionante, questo luogo di lavoro ricavato da una collina di roccia all’interno della quale sono stati realizzati sale di ricevimento, cantine per il contenimento botti…interessante quanto riportato di seguito (da internet) per un ulteriore approfondimento dell’argomento:
“Verso la fine degli anni Ottanta, all’interno del Podere Provinciale Cantina Laimburg si rese necessario disporre d’ulteriore spazio per la realizzazione di una cantina per il deposito di botti e bottiglie. Poiché l’azienda era stata costruita accanto alla montagna, un ampliamento all’interno della roccia si rivelò la soluzione ideale. Grazie a cinque tonnellate di dinamite fu possibile ricavare, all’interno della pietra porfirica di colore rosso marrone del Monte di Mezzo, una cantina per i barrique ed una per il deposito di bottiglie a temperatura naturale costante. All’interno della roccia fu inoltre aperto un locale di 300 m2, utilizzato come sala di rappresentanza per il mondo vinicolo altoatesino e per la Giunta Provinciale. Il progetto e la realizzazione della Cantina nella roccia, i cui lavori sono stati ultimati nel 1990, si devono al geometra bolzanino Nori Gruber. Le due muse in bronzo poste all’ingresso sono, invece, opera dello scultore gardenese Guido Anton Muss, scomparso nel 2002: queste figure personificano la raffinata eleganza ed il vigore opulento del vino. La Cantina nella roccia è aperta al pubblico solo in particolari occasioni”.
Il tecnico Terleth Josef ci accoglie presentando il capolavoro di ingegneria di questa stazione sperimentale, davanti alla quale si estendono campi di meli e vigneti a perdita d’occhio. Nel benvenuto il ringraziamento per l’interesse e l’apprezzamento per questa consolidata realtà vitivinicola sottolineando, nel racconto della storia di questa cantina, quanto orgoglio per il lavoro svolto ma soprattutto la programmazione all’avanguardia, nel motto: “Noi vogliamo essere gli ambasciatori del vino!” per proseguire poi con “Orientati sulla qualità con uve raccolte a mano per una cernita più accurata, messe in cassette, vinificate in contenitori in acciaio inox con lieviti selezionati e poi maturate in botti di legno”….
Superbe le grandi botti collocate nell’antro porfirico, meravigliosamente intarsiate e raffiguranti i personaggi più noti; d’altronde questi luoghi hanno accolto la Regina Beatrice d’Olanda e il Dalai Lama. La raccolta fotografica testimonia i momenti importanti e anche i Confratelli non disdegnano, più o meno rassegnati, i momenti fotografici.
Stupefacente la sala di rappresentanza, voluta dal Presidente della Provincia Durnwalder Luis luogo aperto a tutti perché finanziato con erogazioni pubbliche. Li seduti, davanti ad una selva di bicchieri, avvengono gli assaggi: per primo un pinot bianco DOC 2013: una varietà molto importante coltivata in collina a quote 400-600 metri s/m; vino d’annata, giallo chiaro con riflessi verdognoli con profumi che ricordano i gusti di mela e pera: il rapporto corpo acidità è perfetto, vino tipico molto equilibrato non aromatico che fa da “aperitivo” per tipiche degustazioni di antipasti.
Segue un sauvignon bianco annata 2012 “Auriel” (nome dal mondo ladino, con un richiamo proveniente dalle fiabe ladine) colore più intenso, un giallo chiaro più pronunciato, vitigno aromatico con sentori eleganti e polivalenti (un richiamo al peperone verde e all’ortica; dall’altra parte un vago ricordo di frutti esotici) in bocca molto carico – acidità controllata in un equilibrio perfetto.
Il terzo assaggio riguarda un Traminer Aromatico 2011 “Elion”: vitigno autoctono di origini sconosciute (leggenda tramanda di un’origine ai tempi di Roma, ma risulta molto apprezzato nel periodo del Medio Evo) coltivato nella zona di Tarmeno. Colore giallo carico verso il dorato non presenta riflessi verdognoli; aromatico “l’aroma ti assale con profumi floreali che ricordano i petali di rose ed il lato speziato del garofano”, dal corpo molto carico (supportato dall’alcool viene lasciato fino all’esaurimento e fino a raggiungere i 14-15°). “E’ un vino che rimane sempre elegante, va giù liscio ed è un vino speciale tipicamente altoatesino”.
Ancora uno Schiava del 2013, vino molto importante di colore rosso la cui produzione prevedeva nel 1982 3600 ettari complessivi, oggi solamente 800 ettari. Si presenta con un colore chiaro affascinante, un profumo molto caratteristico: “a metà mattinata mangiare speck con pane di segala e accompagnare il tutto con questo vinello è un intermezzo veramente gustoso” ….
Last but non least un Lagrein 2011 in rappresentanza dei rossi che rappresentano il 41% dei vini: colore rosso granato, bellissimo tre anni di invecchiamento; al naso risulta piacevolissimo, rammenta i frutti di bosco ma anche cioccolato fondente per il lieve passaggio nel legno (18 mesi in barrique) non troppo carico in bocca ha corpo con polifenoli molto maturi.
Si chiude così il breve viaggio enologico in Trentino – Alto Adige. Giornata speciale, ricca di spunti e di …spuntini. Luminosa nell’immensità autunnale. Verrà l’inverno e poi ancora il sole scioglierà la neve…esploderà il colore, si sprigionerà la fragranza, il nettare richiamerà le api che impollineranno le gemme dove gli uccelli torneranno a tessere trame di nidi. Alla prossima vendemmia.
Album fotografico
Le foto scattate durante il viaggio compaiono qui.